Meteore interiste, bluff o rimpianti?
In questi ultimi tempi l’Inter non se la passa affatto male, può vantare un ritorno assodato allo status di big in Serie A, inoltre nella scorsa stagione è andata vicina a vincere l’Europa League perdendo in finale, ma raggiungendo comunque un buon risultato anche in ambito europeo. In panchina è stato ingaggiato uno degli allenatori più affermati in Europa e con lui sono arrivati giocatori del calibro di Lukaku, Eriksen ed Hakimi. Perché questa sviolinata sul momento storico dell’Inter? Perché non è sempre stato così, anzi, noi tifosi nerazzurri lo sappiamo bene. L’ultimo trofeo vinto risale a quasi 10 anni fa, il 29 maggio 2011, vittoria della Coppa Italia 3-1 contro il Palermo, in panchina c’era Leonardo. Era l’Inter post-triplete, ma già da quella stagione si erano intraviste le prime crepe della corrazzata che appena una stagione prima vinse tutto. Leonardo aveva sostituito Benitez a Dicembre e portò a termine la stagione in maniera più che dignitosa. Dall’annata successiva partì l’inesorabile declino dell’Inter, in estate Leonardo se ne andò al Paris Saint Germain per tentare l’avventura da dirigente, a sostituirlo fu Giampiero Gasperini ed il suo 3-4-3, ma l’esperienza durò appena 4 giornate prima di venir esonerato a favore di Claudio Ranieri, che dopo un inizio incoraggiante fu travolto da un periodo di magra con ben 9 partite senza vittoria. A subentrare fu il giovane rampante Andrea Stramaccioni, reduce dalla confortante vittoria in Next Generation Series (Champions League per giovani). L’Inter per la prima volta dopo 12 anni rimane fuori dalla Champions League. La stagione del rilancio con Stramaccioni si concluderà col nono posto. Da lì ci fu un turbillon di eventi che portarono l’Inter sotto la guida di due nuove proprietà (l’International Sports Capital di Thoir nel 2013 e il Suning Group di Zhang nel 2016) e di una miriade di allenatori tra cui Mazzarri, Mancini, De Boer, Pioli e Vecchi prima di arrivare a Spalletti e all’agognato ritorno in Champions League dopo sei lunghissimi anni di assenza. In questo periodo buio abbiamo visto invecchiare fino a sgretolarsi lo squadrone del 2010 e ci siamo aggrappati con forza ai nuovi talenti passati in quegli anni in maglia nerazzurra, che chi più e chi meno, hanno illuso l’Inter di poter farla tornare finalmente grande.
Un breve antipasto: Ricky Alvarez
Ricky maravilla (com’era soprannominato in Argentina) arrivò all’Inter nella stagione 2011/12, acquistato dal Velez per 10,5 Ml di €. La sua esperienza in nerazzurro rappresenta molto bene quello che è stata l’Inter post 2010. Un giocatore del vorrei ma non posso, con uno spiccato gusto estetico e capace di giocate luminosissime ma alle quali alternava tante, tantissime pause. Un utilizzo praticamente nullo del piede debole, una fase difensiva rivedibile ed una perenne sensazione di mancanza di concretezza ne hanno contraddistinto in negativo il prosieguo la carriera.
Kondogbia
Quanto ci abbiamo creduto 7,5/10
Quanto ha reso con l’Inter 5/10
Percorso di carriera dopo l’Inter 6,5/10

È il 23 Giugno del 2015 e dopo un bollente derby di mercato con il Milan, l’Inter si aggiudica le prestazioni di Geoffrey Kondogbia per 36 Milioni di Euro e lo presenta davanti una folla festante di tifosi. Kondogbia, proveniente dal Monaco, si era messo in luce soprattutto in Champions League, dove con la squadra del principato raggiunse l’ottimo traguardo dei quarti di finale, prima di essere eliminato dalla Juventus finalista. Quel Monaco era pieno zeppo di giovani fenomeni come Bernardo Silva, Martial, Fabinho, Bakayoko. Tra questi il 22enne Kondogbia rubava l’occhio per la sua fisicità e completezza. Nella mediana a 2 di Jardim era il centrocampista che più spesso spezzava la linea grazie alle sue gagliarde conduzioni palla al piede. In termini offensivi non è mai stato un giocatore che portava tanti goal e assist alla sua squadra, sicuramente le sue doti migliori si manifestavano in fase di non possesso (soprattutto nella difesa in avanti) e nelle fasi di transizione positiva.

Ciononostante sembrava poter essere utile anche in fase di possesso, oltre che per le già citate doti in guida, anche per la qualità nel suo piede sinistro e un utilizzo molto sapiente del corpo per proteggere la palla. Certo aveva anche diversi difetti come l’utilizzo molto approssimativo del piede debole e una concentrazione altalenante durante la partite.

L’Inter in cui arrivò era guidata in panchina da Roberto Mancini (subentrato la stagione precedente a Walter Mazzarri) e quell’estate ci fu una vera rivoluzione dal mercato con gli arrivi di Perisic, Jovetic, Ljiaic, Felipe Melo, Alex Telles, Murillo e Miranda. Kondogbia veniva schierato come mezzala nel centrocampo a 3 con compiti di inserimento e di interdizione. Le sue prestazioni, come quelle dell’Inter, furono incoraggianti nella prima metà di stagione (con l’Inter prima in classifica fino al mese di Gennaio) per poi calare drasticamente nella seconda metà. L’Inter infatti finì la stagione al quarto posto sfiorando l’ingresso in CL (all’epoca solamente le prime 3 del campionato vi avevano accesso). La stagione seguente le cose non migliorarono per l’Inter, con Mancini che se ne andò a una settimana dall’inizio del campionato. Kondogbia, in balia degli eventi, si rese protagonista di una stagione abbastanza anonima con l’attenuante di un’Inter allo sbando (cambiò ben 3 allenatori in quella stagione), che finì il campionato con un pessimo 7° posto dilapidando tutti i miglioramenti fatti in precedenza. Una delle ultime immagini di Kondogbia con la maglia dell’Inter fu un’espulsione diretta contro il Genoa, bignami della sua avventura in nerazzurro. Il suo tempo all’Inter era ormai finito e se mai ce ne fosse stato bisogno a suggellare il suo addio finale fu l’incredibile autorete segnata contro il Chelsea in un’amichevole dell’ICC.

L’Inter lo cederà al Valencia in seguito ad uno scambio di prestiti con diritto di riscatto, con Cancelo come contropartita. In Spagna Geoffrey ha ritrovato se stesso, diventando un punto fermo nello scacchiere di Marcelino e confermandosi un giocatore solido e capace, senza però mai raggiungere quelle vette intraviste o almeno sperate dopo gli inizi di carriera con il Monaco. In questa stagione è stato acquistato dall’Atletico Madrid del Cholo Simeone per sostituire il partente Thomas Partey e pur giocando solo 8 partite da titolare nella Liga, è stato spesso chiamato in causa per dare man forte a gara in corso in un campionato che potrebbe risultare storico per la seconda squadra di Madrid.
Un break con Fredy Guarin
Guarin è il classico giocatore che guardandolo solo attraverso gli highlights di youtube sembra almeno di 10 spanne sopra a quello che è stato in realtà. Un calciatore in grado di avere picchi prestativi altissimi, anche all’interno della stessa partita, ma capace anche di commettere errori marchiani e perdite del possesso davvero banali. Tra il 2012 e il 2015 è stato comunque uno dei punti fermi dell’Inter dove ha realizzato 22 reti e 38 assist in 141 presenze totali.
Kovacic
Quanto ci abbiamo creduto 9/10
Quanto ha reso con l’Inter 6,5/10
Percorso di carriera dopo l’Inter 8/10

Mateo Kovacic viene acquistato dall’Inter il 31 Gennaio 2013 per la non banale cifra di 11 milioni di Euro. Il croato raggiunge l’Inter di Stramaccioni in un momento abbastanza complicato; infatti dopo un inizio di campionato più che incoraggiante (con l’apice raggiunto nella netta vittoria 3-1 allo Juventus Stadium) la squadra comincia a stentare e nelle successive 12 partite raggiunge solo 3 vittorie perdendo anche a Siena, il 3 Febbraio 2013, giorno d’esordio per Kovacic in maglia nerazzurra. Quell’Inter, falcidiata dagli infortuni (nel mercato di riparazione fu comprato addirittura il 35enne Tommaso Rocchi) concluderà la stagione con il 9° posto in campionato rimanendo fuori dalle coppe e concludendo con il peggior posizionamento in Serie A dai tempi della stagione 1993/1994. Ciononostante filtrava un leggero ottimismo per il futuro, dato non solo dall’arrivo di Mazzarri, ma anche dal talento fatto intravedere dal 19enne Kovacic. Con Stramaccioni veniva schierato davanti alla difesa e in appena 18 presenze aveva fatto intravedere doti molto interessanti, come un’impressionante frequenza di tocco in guida ed anche una spiccata personalità.

Kovacic infatti con quelle vorticose conduzioni palla al piede risultava imprendibile nel breve per gli avversari e spesso si rendeva utile anche in fase di difesa in avanti, anche se inizialmente ha pagato la scarsa fisicità che lo rendeva molto vulnerabile nei contrasti o nei duelli aerei. Sicuramente il contesto di pochezza nel quale si è inserito lo ha aiutato ad inserirsi bene senza pagare troppo il salto dalla HNL alla Serie A.

Nella sua seconda stagione gioca tanto, ma non viene considerato fondamentale da Mazzarri che spesso lo inserisce a partita in corso (solo 14 partite da titolare in serie A) regalando però sprazzi di grande calcio come in Inter-Lazio 4-1, partita d’addio al calcio di Javer Zanetti, nonché ultima gara di campionato, dove realizza ben 3 assist, di cui uno di pregevole fattura per Palacio ed uno letteralmente visionario, d’esterno, per Mauro Icardi. Con questa vittoria l’Inter conclude la stagione con un amaro 5° posto, distanziandosi di ben 18 punti dal Napoli 3° (primo posto utile per UCL).

La stagione 2014/2015 è l’ultima in maglia nerazzurra ed è quella migliore per Kovacic in termini di presenze, goal e assist con 8 reti e 5 assistenze in 44 presenze totali (di cui 32 da titolare). Purtroppo però la crescita di Kovacic non coincide con il miglioramento delle prestazioni in campo dell’Inter, che dopo un inizio balbettante, con sole 4 vittorie in 11 giornate, decide di esonerare Mazzarri in favore di Roberto Mancini. Con il tecnico Jesino però la situazione non migliora, la squadra non va oltre ad un deludente 8° posto in campionato ed esce dagli ottavi di Europa League contro il Wolsfburg di Perisic e De Bruyne. In estate Kovacic viene venduto al Real Madrid per 38 Milioni di Euro portando un’ importante plusvalenza per le casse nerazzurre, ma lasciando una sensazione di incompiutezza in quella che è stata la sua avventura sotto la madonnina. A Madrid il croato rimane per tre anni accumulando 109 presenze, tanti trofei nazionali e internazionali, facendo tanta esperienza avendo la fortuna di imparare in allenamento da gente del calibro di Isco, Kroos e Modric; tutto questo però senza mai convincere a pieno e giocando soltanto 55 partite da titolare. In seguito viene acquistato dal Chelsea per 45 Milioni di Euro, dove gioca tutt’ora. A Londra è stato responsabilizzato dal sistema e ha trovato la tanto agognata titolarità, confermandosi un giocatore interessante anche in un campionato difficile come quello della Premier League, senza però (ancora) esplodere definitivamente.
Un pendolino tra un bidone e una delusione: Alvaro Pereira
Alvaro arrivò all’Inter nell’estate del 2012 con la non facile etichetta di terzino di caratura internazionale. In effetti fino a quel momento, sia con l’Uruguay che con il Porto, aveva mostrato una certa solidità, soprattutto in fase difensiva. In serie A si rivelò un flop totale dimostrandosi molto duttile facendo male sia la fase offensiva che quella difensiva.
Joao Mario
Quanto ci abbiamo creduto 8/10
Quanto ha reso con l’Inter 5/10
Percorso di carriera dopo l’Inter 4/10

L’Inter acquista Joao Mario il 27 Agosto 2016 in un momento a dir poco turbolento per la società. La squadra nerazzurra infatti è in pieno fermento per diversi motivi, primo tra tutti la recente acquisizione del club da parte del Suning Holding Group di Zhang Jindong. La diversità di vedute tra i nuovi proprietari e l’allenatore Roberto Mancini hanno portato alle dimissioni di quest’ultimo ad appena una settimana dall’inizio del campionato. Il tecnico Jesino chiedeva dal mercato esperienza e giocatori pronti per poter far tornare l’Inter competitiva fin da subito, non fu dello stesso avviso la società, che decise di investire forte sui giovani spendendo la considerevole cifra di 70 Ml per la coppia Joao Mario – Gabigol. A posteriori possiamo dire che non ci sono dubbi su chi avesse ragione all’epoca … Assodato il contesto storico proviamo a capire i motivi del fallimento di Joao Mario all’Inter e in generale del suo fallimento come giocatore di caratura internazionale. Perché Joao Mario (a differenza di Gabigol) aveva già dimostrato diverse qualità come: il controllo palla, la versatilità nella posizione in campo (fino a quel momento aveva ben interpretato il ruolo di esterno, mezzala e trequartista) e soprattutto aveva mostrato una grande maturità per un giocatore di 23 anni. Tutte queste qualità lo rendevano un giocatore molto utile in entrambe le fasi del gioco, inoltre era dotato di una calma serafica quando si trovava a gestire il possesso palla sotto la pressione avversaria. Certo, non era un giocatore privo di difetti: spesso toccava la palla più del necessario, con il rischio di rallentare troppo l’azione facendo riposizionare la squadra avversaria, inoltre davanti al portiere spesso non era lucido e tendeva a sbagliare goal semplici.
Parliamo comunque di un giocatore che poco più di un mese prima era stato un titolare indiscusso del Portogallo campione d’Europa, risultando molto prezioso in termini di equilibrio per la squadra. Allo Sporting Lisbona la sua ascesa era stata rapida ed incoraggiante, dopo due anni di apprendistato nella squadra B, si impose fin da subito come un titolare fin dalla stagione 2014/2015, racimolando in due stagioni la bellezza di 90 presenze, 14 goal e 19 assist. I motivi del suo difficile adattamento al calcio italiano si possono in parte imputare alla già citata difficile situazione all’Inter, con l’allenatore olandese De Boer che verrà esonerato dopo appena 11 giornate, con il magro bottino di 5 sconfitte, 2 pareggi e 4 vittorie. Joao concluderà la sua prima stagione all’Inter con 32 presenze (di cui 23 da titolare), 3 goal e 7 assist. La stagione successiva vede l’arrivo di Luciano Spalletti in panchina a cui seguono le parole di stima del giocatore portoghese. Peccato che lo stesso feeling non avrà seguito anche dentro il campo dato che dopo 6 mesi (con appena 5 presenze da titolare) J.Mario venne ceduto in prestito al West Ham. Il giocatore lusitano, dopo il mancato riscatto della squadra di Londra, fa ritorno a Milano dove dopo un inizio scoraggiante si conquista la sua chance acquisendo la titolarità e fornendo tante buone prestazioni, in concomitanza con l’infortunio di Nainggolan. Peccato che si rivelerà l’ennesimo fuoco di paglia con la chiosa finale di Spalletti che lo caccia dall’allenamento per scarso impegno. In questa triste storia anche Joao Mario ha le sue colpe, il suo atteggiamento un po’ indolente, quasi a trascinarsi per il campo, non l’ha aiutato a farsi amare dai suoi nuovi tifosi, così come certe dichiarazioni fuori dal campo, che l’hanno reso a dir poco odiato da tanti supporters nerazzurri. Le ultime due stagioni le passa in prestito tra Lokomotiv Mosca e Sporting Lisbona ritrovando la titolarità e le sicurezze in un contesto minore. Dopo tanto peregrinare, una volta tornato alla casa madre, sembra volerci rimanere, per un epilogo che a questo punto, renderebbe felici tutti.
Non poteva mancare Philippe Coutinho
Coutinho probabilmente è il giocatore più forte tra quelli trattati in questo articolo e la sua cessione non può che essere annoverata tra i rimpianti interisti. L’Inter lo acquistò giovanissimo (a 16 anni) e lo lasciò crescere in Brasile. Il Coutinho arrivato all’Inter era un giocatore già molto tecnico ma con un fisico ancora inadatto e con un’inesperienza tattica che un campionato difficile come la serie A non ti perdona. Chissà se sarebbe riuscito a diventare un giocatore di caratura internazionale anche restando all’Inter?
Shaqiri
Quanto ci abbiamo creduto 9/10
Quanto ha reso con l’Inter 5/10
Percorso di carriera dopo l’Inter 7/10

Xherdan Shaqiri è stato l’acquisto di punta dell’Inter nella sessione invernale della stagione 2014/2015. Arrivato per 15 Ml di € dal Bayern Monaco, assieme a lui arrivarono anche Podolski e Brozovic (chi l’avrebbe detto all’epoca che il croato sarebbe stato senza ombra di dubbio il migliore dei tre) per provare a risollevare una stagione partita col piede sbagliato. Questi acquisti furono voluti dal nuovo allenatore Roberto Mancini, subentrato poco tempo prima a Walter Mazzarri. In particolare l’accoglienza riservata a Shaqiri da parte della tifoseria nerazzurra fu quella di una superstar e fa un certo effetto rivederla oggi, a 6 anni di distanza, sapendo che Xherdan rimarrà all’Inter solo sei mesi.
Lo svizzero in due anni e mezzo al Bayern aveva collezionato 17 Goal e 19 assist in 81 presenze totali, subentrando spesso a gara in corso (furono solo 36 gare da titolare), ma facendo intravedere un potenziale già molto interessante per un giocatore ancora giovane. Fra le sue caratteristiche migliori erano già ben visibili un’importante esplosività nel breve, una tecnica di calcio notevole con il piede sinistro e una particolare predisposizione per i calci piazzati e per i tiri da lontano, qui ne potete trovare diversi in questa sua compilation. Tra i suoi difetti erano riscontrabili una velocità non molto elevata nelle distanze medio-lunghe, una vistosa sofferenza mentale nelle fasi di non possesso palla, oltre appunto alla mancanza di continuità nell’arco dei 90′, dettata soprattutto dall’impiego da supersub che ne aveva fatto il Bayern Monaco fino a quel momento. L’impatto di Shaqiri con l’ambiente Inter fu positivo con la bella rete segnata contro la Sampdoria nell’esordio da titolare in Coppa Italia. Nonostante ciò i risultati per l’Inter non migliorarono ed anche le prestazioni di Shaqiri andarono via via sgonfiandosi (20 presenze, 3 Goal e 2 assist il suo score in nerazzurro) perdendosi alla distanza senza mai conquistarsi al 100% un posto da titolare e da leader della squadra. Quell’estate la sua strada e quella dell’Inter si separarono, con lo svizzero che fece le valigie per andare a giocare in Premier, direzione Stoke City. Allo Stoke, Shaqiri si rilancia alzando il livello del proprio gioco e guadagnandosi la chiamata del Liverpool, in quella che sembrava l’ultima chance per giocare ad alti livelli. Lo svizzero la sfrutta a metà, confermandosi un giocatore utile per lo scacchiere di Klopp, ma senza mai minacciare veramente la titolarità del fantastico trio Mané-Firmino-Salah.
Menzioni d’onore
- Nemanja Vidic
Vidic arrivò all’Inter nel 2014 a 32 anni e da capitano del Manchester United. Nonostante le premesse, la sua stagione non fu positiva. Dal principio fece fatica ad adattarsi nel giocare nella difesa a 3 (un po’ come successo a Godin) di Mazzarri ed in seguito anche con Mancini non riuscì a replicare quanto fatto vedere a Manchester, probabilmente a causa di una condizione fisica non più straripante come nei bei tempi.
- Mauro Icardi
La scelta di inserire Mauro Icardi è ovviamente provocatoria. Fra tutte le competizioni ha segnato ben 124 goal in 219 presenze aiutando l’Inter grazie alle sue reti a tornare in Champions League dopo 6 anni di assenza. E’ un dato di fatto che Icardi non si sia mai giocato lo scudetto con L’Inter (non per colpa sua chiaro) e che il suo gioco avesse pregi e difetti molto marcati. Certo che quest’ultima CL giocata con il Psg, con Tuchel che nei momenti decisivi gli preferisce Choupo-Moting come cambio, grida ancora vendetta.
Questo articolo è consigliato a quegli interisti un po’ autolesionisti che trovano conforto nel ricordare le proprie disgrazie, ovvero quasi tutti.