Inter-Napoli 1-0: Solo i 3 punti
Inter e Napoli sono considerate in modo abbastanza unanime due tra le potenziali pretendenti al titolo e il match che ha visto le due squadre contrapporsi può a tutti gli effetti ritenersi uno scontro diretto. Se poi diamo un occhio alla classifica ci accorgiamo che ci sono ben 5 squadre (alle quali si potrebbe aggiungere anche la Roma) nello spazio di 5 punti e ci rendiamo conto di quanto certi scontri diretti possano essere dei crocevia fondamentali per la lotta allo scudetto.
Con ogni probabilità gli allenatori ne erano ben consapevoli e hanno messo in campo due squadre molto attente e tatticamente organizzate, poco spregiudicate nelle scelte di gioco, con la precisa intenzione di voler concedere poco agli avversari, magari attendendo sornione che sopraggiungesse l’episodio giusto per sbloccare la partita, che, va da sé, è risultata a tratti piuttosto noiosa, per stessa ammissione dei rispettivi tecnici.
La battaglia Tattica
Come detto precedentemente entrambe le squadre hanno optato per delle scelte tattiche piuttosto conservative, sia per ciò che concerne la fase di possesso che quella di non possesso. A un’Inter disposta con l’ormai ritrovato 3-5-2 a tenuta stagna (nel senso che la fluidità dei 3 interpreti del triangolo di centrocampo è ormai quasi un ricordo) il Napoli ha risposto con quello che in partenza avrebbe dovuto essere un 4-2-3-1 ma che ha visto i propri giocatori avvicendarsi in campo in maniera fluida.
Tanto per cominciare la squadra di Gattuso ha deciso di impostare a 3 per la maggior parte del tempo, con Di Lorenzo bloccato sulla linea dei due centrali di difesa; questa scelta ha avuto una duplice valenza. Garantirsi una circolazione del pallone comoda durante le uscite dal basso grazie al trittico di centrali più i 2 mediani che andavano a posizionarsi dietro la linea di pressione delle punte, al fine eludere il pressing dell’Inter che alle volte sa essere veramente forsennato e difficile da gestire, anche se poi non è stato questo il caso. L’Inter infatti, come già visto nelle ultime partite, si è dimostrata meno aggressiva rispetto alle prime uscite del campionato, le due punte erano tenute ad uscire sui centrali avversari mentre su Di Lorenzo si scambiavano le uscite Gagliardini e Young a seconda della circostanza, ma sempre con un ritmo abbastanza blando e con grande pazienza, attendendo i giust trigger per forzare l’azione, mai forzandola a prescindere.


La scelta di impostare col terzino bloccato è dettata anche dal piano tattico pensato dal tecnico calabrese per la corsia mancina; Mario Rui, terzino sinistro nel teorico 4-2-3-1 di partenza, staziona in realtà sulla linea degli attaccanti mentre il Napoli imposta, fungendo di fatto da esterno d’attacco. Va precisato come tale scelta non sia effettivamente legata alle doti di attaccante del portoghese, quanto alla possibilità di sfruttarlo per mantenere costantemente basso Darmian e liberando spazio per Insigne, impiegato quasi come regista laterale più che come attaccante, con il preciso compito di mandare in tilt la pressione di Barella e Darmian e accentrarsi apportando qualità alla manovra, talvolta provando ad innescare Lozano sul lato debole.

A controprova dell’ “attendismo sfrenato” messo in campo dai due allenatori possiamo notare anche come i dati relativi ai PPDA siano abbastanza alti per entrambe le compagini (15.50 per l’Inter e addirittura 20.29 per il Napoli); d’altronde per quel che riguarda l’altezza dei rispettivi baricentri le squadre hanno giocato quasi a specchio, mantenendo delle distanze simili nelle rispettive fasi di possesso e non possesso e, per quel che riguarda l’Inter sembrano ad oggi lontani i tempi in cui il baricentro durante il possesso palla si aggirava intorno, se non oltre, i 60 metri (e non è detto che sia necessariamente un male) come contro Fiorentina o Lazio.
Carenza di Soluzioni
Come già successo in altre occasioni l’Inter ha dimostrato di soffrire tremendamente le squadre che accettano di difendere in modo molto compatto nella propria metà campo (il Napoli in non possesso ha mantenuto una lunghezza media di appena 22 metri). Situazione che si sta verificando sempre più spesso e che realisticamente continuerà a verificarsi; tutti sono consapevoli di quanto possano essere pericolose le due punte nerazzurre in transizione e se a loro si aggiungono giocatori con strappi notevolissimi nelle gambe come Hakimi e Barella è chiaro che accettare fasi “di trincea” possa essere effettivamente meno rischioso rispetto all’andare a prendere i giocatori nerazzurri nella loro area non appena iniziano un’azione.
Il problema è che ad oggi Conte pare stia facendo parecchia fatica a “solucionar” il problema, si è visto al ritorno contro lo Shakhar e anche nella gara di ieri; se le squadre avversarie si mettono a uomo sulle due punte e sono brave a schermare diligentemente le linee di passaggio con i centrocampisti, l’Inter fatica tremendamente a creare occasioni pericolose e se a questo aggiungiamo che i due centrali del Napoli fisicamente sono tra i pochi che possono reggere il confronto con Lukaku e Lautaro la situazione rischia di farsi veramente critica.

Non a caso l’Inter ieri è riuscita a generare solamente 1.32 xG e, se si esclude il rigore, l’unica situazione offensiva veramente importante (il tiro di sinistro di Lautaro a inizio partita) è scaturita da un errore in disimpegno dei difensori napoletani, non da una situazione di attacco posizionale o da una transizione ben condotta.
La problematica può essere ricollegata ad una carenza di idee, ma in primo luogo c’è da riflettere sugli uomini messi in campo da Antonio Conte. Se si vanno a prendere singolarmente i giocatori scesi sul rettangolo di gioco dal primo minuto è facile notare come, escluse le due punte, braccate a uomo come sottolineato in precedenza, non ci fosse praticamente nessuno in grado di creare autonomamente delle azioni pericolose in situazioni di grande intasamento degli spazi. Questi oneri probabilmente andrebbero distribuiti tra Eriksen, Sensi, Hakimi e Sanchez, che per caratteristiche sono i giocatori più indicati per provare a districare matasse difensive particolarmente intricate, ma per un motivo o per un altro ieri sera nessuno di loro era in campo quando Massa ha fischiato l’inizio della partita.

Verrebbe poi da aggiungere che forse non è un caso che sull’azione che ha portato al fallo da rigore ci fosse il decisivo zampino di Sensi, a ben pensare Gagliardini (che ha sicuramente altre qualità e che non abbiamo intenzione di mettere in dubbio ora) avrebbe verticalizzato di prima su Lukaku in quella maniera? Non abbiamo una controprova, ma probabilmente no.
Crollo Psicofisico
Lo spartiacque del match è stato indubbiamente il gol di Lukaku, da quel momento in poi l’Inter, che fino a quel momento forse non era stata brillante, ma sicuramente si era dimostrata molto ordinata tatticamente, si è sciolta in maniera quasi inspiegabile. Andare in vantaggio in una partita del genere, nella quale avevi fin lì creato molto poco, a quasi un quarto d’ora dal termine e per giunta con gli avversari in inferiorità numerica, dovrebbe essere un lusso da non sperperare, ma la squadra di Antonio Conte pareva essere di un’altra opinione.
A peggiorare la situazione di un gruppo che dopo il vantaggio ha dato palesemente la sensazione di aver paura di vincere (impietoso è il dato sui passaggi riusciti, il 90% fino al gol, il 71% da quel momento in poi) ci ha pensato in parte anche l’allenatore leccese, che al ‘77 ha pensato bene di togliere dal campo una punta (Lautaro Martinez) per inserire Hakimi. Nello stupore generale l’Inter ha giocato gli ultimi ‘10 più recupero con una sorta di surrealistico 5-4-1, con Lukaku lasciato completamente in balia dei centrali difensivi avversari ed il resto della squadra paurosamente arroccato nell’ultimo terzo di campo e solo grazie alla bravura dei propri singoli (su tutti Handanovic) e una buona dose di fortuna (il palo colpito da Petagna da cinque metri grida ancora vendetta) è riuscita a non farsi riprendere da un Napoli che solo dal 72’ in poi è stato in grado di generare 1,27xG.

Conclusioni
Difficile, se non impossibile, trarre delle conclusioni univoche da una partita del genere. Volendo fare i risultatisti incalliti (quali sotto sotto siamo un po’ tutti, compreso un Antonio Conte che non ha mai mancato di mettere in risalto le buone prestazioni davanti a risultati oscillanti, ma che ieri si è concentrato unicamente sull’importanza della vittoria) potremmo sottolineare quanto sia importante aver portato a casa una partita del genere, una di quelle che non meriti di vincere e in cui ti aspetti possa arrivare prima un gol dell’avversario (parafrasando un Mourinho d’annata), a maggior ragione perché si è trattato di uno scontro diretto che quando sarà ora di tirare le somme in primavera potrà risultare molto pesante.
Volendo però andare ad analizzare la prestazione è evidente come l’Inter sia effettivamente stata fortunata nel portare a casa questi tre punti, anche perché sarà pur vero che il portiere è pagato per parare e trattare ogni parata eccezionale come un colpo di fortuna è intrinsecamente sbagliato, soprattutto quando tra i pali c’è un top player (forse in fase calante, ma dopo la partita di ieri non diciamolo troppo forte), però è altrettanto vero che Petagna non è pagato per colpire il palo da due passi. E volendo anche tralasciare gli episodi che per merito, errore o fortuna sono girati a favore dei nerazzurri è risultata evidente la difficoltà della squadra nell’imporsi sulla partita nel momento in cui aveva le possibilità per farlo e questo rappresenterebbe uno step davvero fondamentale per poter compiere la trasformazione da underdog a squadra vicnente.
Perchè dobbiamo dircelo chiaramente, nella sua storia raramente l’Inter ha vinto partendo da outsider, troppe le pressioni apportate da un ambiente mai domo e talvolta eccessivamente critico o ambizioso, l’Inter ha bisogno di un’ossatura vincente per ampliare la propria bacheca, ce lo insegna la storia stessa e ce lo insegnano i suoi interpreti, i vari Armando Picchi, Lele Oriali, Lothar Matthäus o Esteban Cambiasso, sperando di poter un giorno aggiungere alla lista qualcuno dei giocatori attualmente in nerazzurro.
Quindi, in definitiva, il bicchiere è da vedere mezzo pieno o mezzo vuoto? Difficile dirlo ora come ora, ma questo al momento è l’unico bicchiere che abbiamo e cerchiamo di farcelo andare bene in attesa che si riempia del tutto.