Luc Castaignos: ascesa e caduta di una meteora
Chiunque abbia anche una vaga familiarità con l’appassionante gioco del calcio sa perfettamente quanto siano frequenti le storie di giocatori apparentemente destinati ad una carriera importante poi finiti a sbarcare il lunario in territori esotici o in campi che sarebbe bello poter definire di provincia, ma che in effetti nemmeno lo sono. Sa anche quanto sia facile innamorarsi delle poche, illuminanti, giocate di questi astri nascenti, per poi venire traditi alla prima occasione utile, ovviamente poco dopo aver urlato ai propri amici “occhio che questo è forte!”.
Storie di questo tipo se ne sono viste tante nel corso degli anni e se ne vedranno sempre di più data l’indole tendenzialmente ipercelebrativa di chi ha la fortuna di scrivere ed essere letto da un ampio bacino d’utenza. Chiaramente non tutte le cadute delle meteore avvengono seguendo la medesima parabola, c’è chi dopo una rapida fiammata iniziale si stabilizza su un livello medio, un po’ come quel Chicco Macheda che dopo un avvento tra i professionisti da predestinato si è fatto quasi un decennio di limbo per poi finire a fare il bomber in Grecia. Ma ci sono anche quelli che il limbo l’hanno praticamente saltato, da fenomeni a nullità nel giro di un batttito di ciglia, figli di una comunicazione calcistica da sempre carente in termini di equilibrio, i Lorenzo Tassi e gli Arturo Lupoli della situazione per intenderci, quelli che un giorno sono “il nuovo Baggio” o il “post-Bergkamp” e il giorno dopo non sono nemmeno in grado di fare una presenza nella massima serie.
Per non parlare di quelli che hanno dovuto fare i conti con la sfortuna, da Giuseppe Rossi a Sebastian Deisler, da De La Red a, perché no, Ronaldo Nazario Da Lima (che quando si ruppe il ginocchio la prima volta aveva già fatto in tempo a sconvolgere il mondo, ma di fatto aveva 23 anni), tanti giocatori hanno visto la propria parabola interrompersi bruscamente a causa dei problemi fisici o psicologici (c’è forse qualcuno che si è dimenticato delle parabole discendenti di Adriano o Bojan Krikic?), alcuni, come il fenomeno, sono riusciti faticosamente a rialzarsi, altri no.
Quella di Luc Castignos è una storia che si pone un po’ a cavallo tra quelle citate, la storia di quello che sin dagli esordi nelle nazionali giovanili dell’Olanda è sempre sembrato essere un centravanti dall’enorme potenziale, il futuro degli orange per il dopo Van Persie diceva qualcuno, ma che tra occasioni sprecate e sfortuna non è mai riuscito ad imporsi sul panorama calcistico internazionale, finendo per precipitare nel baratro della K League 2, la seconda serie della Corea del Sud.
I. RISING STAR
Castaignos fa prepotentemente capolino nel panorama calcistico europeo durante la stagione 2010/11, quando appena diciottenne diventa titolare nel Feyenoord. La squadra di Rotterdam se l’era portato a casa già nel 2007, probabilmente intravedendo in lui le giuste caratteristiche per sostituire il pistolero Maakay non appena avrebbe deciso di appendere le Colts al chiodo e pareva che ci avessero anche visto giusto. Luc fa 21 gol in 35 partite tra Under 17, 19 della nazionale e continua a buttarla dentro con continuità nelle giovanili del Feyenoord, infatti già nel 2009 inizia ad essere aggregato alla prima squadra.
Dicevamo 2010/2011. Durante l’estate che precede quella stagione si ritirano contemporaneamente i due totem Maakay e Van Bronchost prospettando un’annata perlomeno complicata, che però, come ogni buona stagione di transizione che si rispetti, dà alla squadra di Rotterdam l’opportunità di mettere in mostra qualche talento cresciuto nel vivaio. Chiaramente, come in ogni stagione di transizione che si rispetti, le cose non vanno benissimo, la squadra concluderà il campionato al decimo posto ciondolando per tutto l’anno su un’estenuante altalena di risultati, tuttavia riuscirà a mettere sulla rampa di lancio due giocatori che qualche anno più tardi faranno decisamente parlare di sé: Stefan De Vrij e Georginio Wijnaldum.
Sulla rampa di lancio ci finisce ovviamente anche Castaignos. Il ragazzo non sembra sentire la pressione della maglia di centravanti titolare, che fu tra gli altri di Ove Kindvall e Ruud Gullit, e segna 15 gol in 34 partite ad appena 18 anni.
“Luc somiglia davvero ad Henry ed ha un grandissimo futuro, ma deve migliorare l’uso del mancino” diceva in quel periodo il suo allenatore in nazionale Albert Stuivemberg e in effetti le movenze e la struttura longilinea del giovane Luc ricordavano parecchio il fuoriclasse francese.

Durante la stagione in questione Marco Branca, allora D.S. dell’Inter, mette gli occhi su di lui, inizialmente per portarlo a Milano nell’estate del 2012, ma in corso d’opera decide di accelerare i tempi ed il centravanti olandese nell’estate del 2011 arriva all’ombra della Madonnina.
I tifosi interisti lo vedono subito in azione a Pechino, durante la Supercoppa Italiana contro il Milan, quando Gasperini lo fa entrare a 10 minuti dalla fine al posto di Joel Obi nel disperato tentativo di ribaltare il risultato (sul 2-1 per i rossoneri). In quel momento gli schemi sono sostanzialmente saltati ma si potrebbe dire che l’Inter stesse giocando con una sorta di 3-4-1-2 e, quello che un po’ di anni dopo verrà soprannominato il mago di Grugliasco, lo inserisce come esterno a tutta fascia a destra (tanto per dare seguito al parallelo con Henry, schierato esterno al suo arrivo in Italia da un allenatore che poi si è tolto giusto qualche soddisfazione), presumibilmente per provare a mettere in difficoltà un ormai stanco Zambrotta. Purtroppo l’esperimento non funziona, Castaignos appare disorientato e a parte un paio di tentativi di 1vs1 risultati vani non riesce a risaltare.

In Serie A le cose non andranno meglio, certo Gasperini verrà esonerato dopo una manciata di partite e Luc non finirà più a fare l’esterno, anche perché a dire il vero giocherà sempre meno, non riuscendo mai a convincere gli allenatori che si avvicenderanno sulla panchina nel corso di quella stagione travagliata. Nemmeno un gol all’89’ contro il Siena, valevole 3 punti insperati, servirà ad indirizzarlo verso una sorte migliore. Già, perché nel frattempo era arrivato Ranieri, era andato via Eto’ò e il duo Pazzini/Forlan stava attraversando una stagione a dir poco difficile, una rete così pesante poteva veramente rappresentare la chiave di volta per un ragazzo voglioso di scalare le gerarchie, ma non fu quello il caso. Castaignos giocò solamente 6 partite, mai per intero, per un totale di 180 minuti e alla fine dell’anno fece nuovamente le valigie per tornare in Olanda.

II. GET BACK
Nell’estate del 2012 il Twente decide infatti di puntare su di lui; la società di Enschede aveva visto partire, direzione Borussia Mönchengladbach, il proprio gioiellino Luuk de Jong (autore di ben 25 gol nell’Eredivisie appena conclusasi) e stava cercando un centravanti che lo potesse rimpiazzare, motivo per cui, con l’esborso di ben 6 milioni, che all’epoca non erano esattamente pochi per un ventenne in uscita da una stagione piuttosto ombrosa, decise di portarsi a casa Castaignos.

In Olanda si riscopre un buon centravanti, forse non avrà mai l’efficienza realizzativa dei migliori Van Nisterlooy o Maakay (e nemmeno di de Jong verrebbe da aggiungere), ma in campo ci sa stare e la sua maglia di titolare non è praticamente mai in dubbio. Nelle 3 stagioni al Twente metterà a segno 42 gol complessivi, per un totale di una rete ogni 217 minuti, non una media particolarmente esaltante visti gli standard dei grandi bomber dell’Eredivisie, lega in cui storicamente gli attaccanti tendono ad esaltarsi vista l’attitudine spregiudicata del gioco olandese, ma nemmeno mortificante, anche alla luce del fatto che comunque il ragazzo potrebbe avere ancora dei margini di miglioramento, ricordiamoci che si sta parlando di un classe ‘92.
III. NON SI DEVE MAI ANDARE IN GERMANIA, LUC
Il Castaignos del 2015, ormai ventitreenne, non è più considerato uno dei golden boys del calcio europeo, come accennavamo in precedenza la sua media gol in Olanda non si è dimostrata sul livello di quelle dei top player lanciati dalla Eredivisie e per un centravanti un po’ troppo leggero per fare reparto da solo e nemmeno particolarmente affine all’aiutare lo sviluppo della manovra offensiva palla a terra, l’efficienza realizzativa riveste per forza di cose una notevole importanza.
Tuttavia non si può nemmeno dire che abbia sfigurato durante il triennio al Twente, forse le aspettative su di lui erano inizialmente troppo alte, ma ora sembra aver trovato finalmente un suo status abbastanza consolidato, motivo per cui nel Luglio del 2015 una squadra militante nella Bundesliga decide di puntare su di lui. Si tratta dell’Eintracht Francoforte, che per ottenere le prestazioni dell’olandese scuce 2,5 milioni di Euro. Com’era previsto Castaignos nelle gerarchie parte dietro al serbo Seferovic, tuttavia nella prima parte di stagione riesce saltuariamente a mettersi in evidenza siglando persino una doppietta nella vittoria contro lo Stoccarda alla terza giornata. Ma, come se la situazione non fosse già in salita, verso la fine di Novembre la sfortuna incombe sul suo cammino: rottura del legamento sindesmotico durante un allenamento e oltre 100 giorni di stop.

Inutile dire che le cose non andranno per il meglio come accade nelle storie calcistiche dal finale perlomeno agrodolce. Rientrerà in campo a fine Marzo per fare una manciata di comparsate nelle ultime uscite stagionali, in una squadra enormemente in difficoltà (l’Eintracht si salverà solo grazie allo spareggio di fine stagione contro il Norimberga) e ormai sostanzialmente escluso dalle rotazioni del nuovo allenatore Niko Kovac (aveva sostituito Armin Veh ad inizio Marzo). Infatti, essendo evidentemente ai margini del progetto, nell’estate del 2016 viene spedito allo Sporting Lisbona per la stessa cifra per cui era stato acquistato l’anno prima dal Twente.
Lo Sporting lo fa approdare in Portogallo per una questione di completamento numerico del reparto, di attaccanti di peso ce ne sono già due, entrambi abbastanza ingombranti per esperienza e numeri: l’algerino Islam Slimani e l’olandese Bas Dost, appena acquistato dal Wolsburg. Quasi inevitabilmente Castaignos vede pochissimo il campo (a fine stagione i minuti complessivi saranno meno di 400) ed in più non va mai a segno.

Per la stagione successiva i bianco-verdi, un po’ perché ormai hanno iniziato a ritenerlo un esubero, un po’ per provare a rivitalizzarlo lo fanno tornare in Olanda, all’ambizioso Vitesse Arnhem, fresco di qualificazione in Europa League. Ma niente da fare. Castaignos, nonostante la carta d’identità lo identifichi come un venticinquenne, appare quasi in fase calante, sia a livello fisico che mentale, non basta nemmeno lo stupendo gol in rovesciata contro l’Excelsior a rilanciare la sua stagione, gol che per quanto bello sarà solo uno dei tre che metterà a segno complessivamente durante il campionato 2017/18.

IV. POTREBBE ESSER PEGGIO, POTREBBE PIOVERE
Finito il prestito al Vitesse (comprensibilmente non rinnovato) se ne torna allo Sporting Lisbona dove però tra Agosto e Febbraio mette insieme la miseria di quattro presenze per un totale di 119 minuti, finendo per rescindere consensualmente il contratto a metà stagione.
Ritrovatosi svincolato e con ogni probabilità senza una nutrita schiera di pretendenti pronti ad offrirgli un contratto fuori dal portone di casa, si accorda con il Gyeognam FC, squadra militante nella massima serie della Corea del Sud, firmando un contratto da circa 250.000 euro annui (giusto per sottolineare il fatto che la sua scelta esotica non sia equiparabile a quelle di Oscar, Hulk o Pellè). Passato appena un mese dal suo approdo a Changwon si infortuna saltando subito 11 partite. Proseguirà poi la stagione tra stenti e disagi senza mai trovare nemmeno un barlume di continuità fisica e al termine del suo primo anno in K League 1 il suo tabellino segnerà appena 3 reti in 19 partite. Inutile dire che la media gol non sia di primo livello, tutt’altro, ma c’è di peggio; il Gyeognam retrocede al termine della stagione e sarà costretto a ripartire dalla KL 2, la Serie B coreana. Durante la stagione attualmente in corso Castaignos disputa solamente 8 partite su 28 complessive, costantemente falcidiato dai problemi fisici, e nonostante la sua assenza parpetua la squdra arriva sino alla finale dei PlayOff che potrebbero consentirle di ritornare subito nella massima serie. Certo non grazie al buon Luc, che, per la cronaca, è dal 05/09/2020 che non mette piede in campo.
